Nella seconda metà degli anni Venti del Novecento, il medico e filosofo Viktor von Weizsäcker (1886-1957) elabora il progetto di un’antropologia medica, cioè di una «teoria generale della malattia» come teoria dell’uomo malato. I due testi proposti in questo volume, scritti a venti anni di distanza l’uno dall’altro, delineano efficacemente sviluppi e difficoltà di questo progetto, lasciando emergere l’esigenza profonda che lo muove: rivoluzionare i fondamenti epistemologici della medicina a partire da una nuova concezione della scienza, il cui nucleo concettuale è costituito dalla «relazione». L’incontro tra il medico e il paziente, in quanto situazione originaria dell’antropologia medica, diviene così l’autentica fonte dei criteri dell’azione terapeutica, salvaguardando il malato dal rischio di reificazione e spersonalizzazione a cui lo espone una medicina rigidamente positivista.
Mariafilomena Anzalone è professore a contratto di Filosofia Morale presso l’Università degli studi della Basilicata. Si è occupata principalmente del pensiero hegeliano (Volontà e soggettività nel giovane Hegel, 2008; Forme del pratico nella psicologia di Hegel, 2012) e ha curato l’edizione italiana di J. Butler, Sentire ciò che nell’altro è vivente. L’amore nel giovane Hegel (2014). Tra i suoi scritti più recenti: Kant e la coscienza di sé (2013); «Chi è colui che dice io?» L’antropologia medica di Viktor von Weizsäcker in dialogo con Max Scheler (2015).