Dal 21 ottobre 2017 al 21 gennaio 2018 la Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa
ospita l’installazione dell’artista Flavio Favelli dal titolo Corona.
Organizzata dal Comune di Pisa in collaborazione con l’Università degli Studi di Pisa, la Scuola Normale Superiore, l’Associazione SpazioTempo di Michela Rizzo, Il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi e la Cooperativa Atlante Servizi Culturali, curata da Ludovico Pratesi, l’installazione è stata ideata da Flavio Favelli appositamente per questo luogo ed è la terza di una serie di interventi site specific di grandi artisti nazionali e internazionali realizzati all’interno della piccola chiesa, affacciata sui lungarni di Pisa.
L’installazione di Flavio Favelli consiste in una costruzione a forma di cubo irregolare, realizzata con cartoni assemblati a formare una specie di edificio con segni cancellati, scritte abrase, cesure e tamponature. L’installazione prende il nome dall’imballo della birra messicana Corona, uno dei pochi marchi dell’America Centrale divenuto globale. Corona si ispira dunque non a ideali architetture sacre, ma al pantheon ideale dell’artista che attinge al mondo di prodotti e marchi di multinazionali, che ormai fanno parte della vita delle persone e la influenzano, proprio come le arti del passato. La sua ricerca rimanda, infatti, alla quotidianità e al suo vissuto personale, con l’idea di creare, attraverso le sue opere e le sue installazioni, uno spazio fisico e mentale che modifica la percezione degli spettatori. Così all’interno dello spazio di Santa Maria della Spina di Pisa, tempietto gotico quasi in bilico sulla riva del fiume, l’installazione di Favelli intende creare una libera conversazione tra cose apparentemente alte e cose apparentemente basse.
“A differenza degli interventi minimali che Wolfgang Laib e Richard Nonas hanno realizzato all’interno di Santa Maria della Spina, Flavio Favelli ha scelto di presentare un edificio, una sorta di tempietto simile al Sacello Rucellai di Leon Battista Alberti a Firenze. Un tempio ispirato all’immaginario dell’artista, che trasforma il vissuto personale in una fonte di ispirazione per la propria arte” sottolinea il curatore Ludovico Pratesi.
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In 1925, the Mexican group Modelo began selling Corona, a light blonde beer that in the 1970s spread to the United States, Europe and then Italy, where it came in 1989. One of those local brands, became global, to which Flavio Favelli has turned its attention to recent times, such as Amaro Montenegro, Martini, Fanta and Coca Cola, protagonists of exhibitions and interventions made by the artist in recent years in places filled with personal and collective stories, from the Albergo Diurno in Milan to his apartment in via Guerrazzi in Bologna. These advertising brands were part of his childhood, they were the only concessions to modernity in the bourgeois furnishings of his family home, engulfed by heavy old furniture, mute witnesses of traumatic memories. Corona was packed in special graphic containers, which Flavio Favelli used to build its installation inside Santa Maria della Spina’s church, consisting of dozens of cartons, where the artist deliberately deleted the labels. Unlike the minimalist performances by the artists who preceded it, Wolfgang Laib and Richard Nonas, Favelli did not let himself be intimidated by the perfect forms of the Pisan Gothic, and did not bend to the supremacy of the ancient achitecture. Corona is in fact a space within another space, a structure that is in dialogue with the church: a “poor” chapel but not without an intense monumentality, played on the short circuit between polychrome marbles and cardboard inlays. A sort of inaccessible miniature temple, recalling the Temple of the Holy Sepulcher in the church of San Pancrazio in Florence, a masterpiece by Leon Battista Alberti made for Giovanni Rucellai in 1467 and inspired by the Holy Sepulcher of Jerusalem. “I love the solitude of the objects I create and the silence and the void of the environments that I realise”, explains the artist, and it is no coincidence that loneliness and void constitute the foundation of medieval religiosity, marked by rites and prayers, monastic rigidity and austerity . In the immobile atmosphere of Santa Maria della Spina, Corona thus assumes the aura of a personal pantheon, an interior place composed of an assembly of conscious and unconscious memories that the artist invites us to share. Ludovico Pratesi
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Flavio Favelli, nato a Firenze nel 1967, vive e lavora a Savigno, Bologna. Dopo la Laurea in Storia Orientale all'Università di Bologna, ha iniziato la sua attività artistica prendendo parte al Link Project (1995-2001). Partecipa alla residenza TAM a Pietrarubbia diretta da Arnaldo Pomodoro nel 1995 e al Corso Superiore Arti Visive della Fondazione Ratti con Allan Kaprow nel 1997.
Ha esposto in spazi pubblici e privati in Italia e all’estero, tra cui il MARCO e il MAXXI di Roma, il Museo Marino Marini di Firenze e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. Ha progettato e realizzato due installazioni bar funzionanti al MAMbo e al MARCA di Catanzaro e due ambienti pubblici permanenti: Vestibolo nellaSede ANAS di Venezia di Palazzetto Foscari e Sala d'Attesa nel Pantheon di Bologna all'interno del Cimitero Monumentale della Certosa. Ha partecipato a due Biennali di Venezia, quella a cura di Francesco Bonami e quella a cura di Bartolomeo Pietromarchi.
Ha partecipato a seminari e conferenze presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, Brera a Milano al Politecnico di Torino, all'Università di Bolzano e Bologna, alla Quadriennale di Roma e presso numerose altre istituzioni pubbliche e private. Le sue opere sono presenti nelle principali collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero.