Nel 1791 il giovane Chateaubriand, sottufficiale del reggimento di Navarra cui la Rivoluzione ha concesso una quasi completa libertà, compie un viaggio di nove mesi circa negli Stati Uniti. Questo soggiorno gli farà conoscere una natura ancora vergine, dei modi di vita ancora selvaggi, e gli darà i mezzi letterari per descrivere tutto questo, aprendo ad un mondo nuovo la letteratura francese. Il forte fascino esercitato su di lui dagli indiani d’America e dalle loro foreste si esprime nelle opere di soggetto americano scritte immediatamente, e pubblicate in diverse date (Atala nel 1801, Les Natchez e il Voyage en Amérique nel 1826 e 1827), ma lascia una traccia in tutte le sue altre opere, combinandosi e reagendo con le ideologie e le poetiche da lui adottate nei diversi periodi della sua vita.
Oltre ad essere un documento importante nella storia del primitivismo europeo e della fortuna di Rousseau, la persistenza del mito dell’America selvaggia nelle opere di Chateaubriand ci restituisce un’immagine parzialmente nuova dello scrittore, in certi tratti molto attuale: per l’identificazione della natura con il rimosso, anche sessuale, per la scoperta della barbarie della civiltà come possibile esito della nostra storia.
Piero Toffano si è laureato in Lettere a Venezia sotto la guida di Francesco Orlando. Dal 1982 insegna Letteratura francese, prima all’Università di Urbino, poi di Palermo (1992-1995), e quindi ancora di Urbino, dove attualmente è Direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione, Studi umanistici e internazionali.
I suoi lavori vertono soprattutto sulla letteratura del Seicento (La Rochefoucauld, Racine, La Bruyère, i memorialisti) dell’Ottocento (Chateaubriand, Flaubert, Baudelaire, Nerval, Hugo), e del primo Novecento (Proust, Larbaud, France).