Agli occhi di Leo Strauss, al-Fārābī è l’autore che ‘traduce’ la filosofia politica classica nel mondo islamico medioevale. Non si tratta però di questioni puramente erudite. È infatti sorprendente, e affascinante, leggere le pagine di un filosofo ebreo tedesco del Novecento – emigrato negli Stati Uniti – che, per cercare di rispondere alla crisi della modernità, cerca una via di uscita dal relativismo e dal nichilismo nelle pagine di un filosofo arabo medievale, allievo ‘indiretto’ di due filosofi greci (Platone e Aristotele) e ‘maestro’ di un filosofo ebreo (Maimonide) fondatore dell’ «illuminismo» nel Medioevo. Questo intreccio di temi, autori, epoche diverse viene utilizzato da Strauss per ribadire una verità eterna, dimenticata dalla filosofia contemporanea: che solo la filosofia classica, nella sua ricerca della saggezza, e in quanto vita contemplativa, è felicità.
Leo Strauss (1899-1973) è stato uno dei maggiori filosofi politici del Novecento. Autore di opere su Platone e Senofonte, Maimonide e Machiavelli, Hobbes e Spinoza, nelle sue ricerche ha costruito un originale intreccio tra storia della filosofia e filosofia politica centrato sulla critica della modernità, alla luce di alcune questioni chiave per il pensiero filosofico: la riscoperta della scrittura reticente, il confronto con la filosofia greca classica e l’analisi del rapporto tra Atene e Gerusalemme.