Torino, novembre 1928. Un uomo viene arrestato e successivamente internato nel manicomio di Collegno. È il fratello a denunciarlo e quasi sicuramente a rivelarne le “tendenze omosessuali”, sapendo che questo comporterà l’arresto, il confino o il ricovero in ospedale psichiatrico. La cartella clinica di G. contiene uno straordinario documento autobiografico in cui dichiara la sua omosessualità, denuncia le continue minacce, l’ipocrisia e i ricatti del fratello, per chiedere, con consapevolezza moderna, la sua parte dell’eredità di famiglia ed un risarcimento per le conseguenze socio-economiche dell’omofobia che ha subito. Uscirà dal manicomio con una perizia che lo dichiara sano di mente. Una storia torbida, ma con il lieto fine, dunque, anche se le parole di G. sono un miscuglio di coraggio e opportunismo, determinazione e contraddizioni, paradigma di molte esistenze stritolate dalla macchina repressiva della dittatura. Questo libro indaga l’internamento psichiatrico come strumento di repressione dell’omosessualità durante il regime ed allarga lo sguardo al pensiero psichiatrico sull’inversione sessuale durante il Ventennio.
Gabriella Romano è documentarista, ricercatrice indipendente e saggista. Tra i suoi documentari: L’enigma di Violet Gibson, la donna che cercò di uccidere Mussolini (2009) e Essere Lucy (2011). Tra le sue pubblicazioni: I Sapori della Seduzione. Ricettario dell’amore tra donne nell’Italia degli Anni 50 (Ombre Corte 2005); Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale (Donzelli 2009). Nel 2016 ha vinto una Research Grant della Wellcome Trust Foundation, finalizzata a un Master (MRes) in Storia presso la Birkbeck, University of London, riconfermata nel 2017 per un Dottorato presso lo stesso ateneo, sulla psichiatria come strumento di repressione dell’omosessualità in Italia durante il fascismo.