La questione della vista riveste una particolare importanza in relazione al tema della verità: con la vista ci formiamo una rappresentazione del vero e proprio attraverso il modo in cui vediamo un oggetto, lo giudichiamo vero. Descartes costituisce un momento cruciale di effettivo trionfo di una teoria cognitiva fortemente modellata sul piano oculare, e l’oggetto dell’intelletto si esprime come una verità invisibile in sé in quanto verità mentale. Se davvero “l’occhio vede senza discernere”, l’oggetto si moltiplica, si disgrega e, sottoposto alla visione individuale, diventa segno di qualcosa di preesistente e invisibile. E le apparenti qualità dei corpi, distanza grandezza e proporzione, vengono distorte da un’evidenza che non prova la verità di quel che si vede. Gran parte del lavoro della filosofia contemporanea è stato dedicato a rispondere alla questione cartesiana del rapporto dell’immaginazione con il corpo, a partire dall’inquietante lettura foucaultiana delle Meditationes. Il nesso particolare-universale che, da Aristotele alla modernità, scaturisce da una teorizzazione cognitiva legata a categorie visive e rappresentative viene preso a prestito dalla filosofia contemporanea per individuare l’“errore di Cartesio” e la mistificazione da questo ingenerata.
Manuela Sanna dirige l’Istituto per la Storia del pensiero filosofico e scientifico moderno del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e si occupa di cultura storico-filosofica moderna. Ha curato alcuni volumi dell’edizione critica delle Opere di Vico (Epistole, 1993; Le gesta di Antonio Carafa, 1997; le redazioni del 1730 e del 1744 della Scienza nuova insieme a Paolo Cristofolini 2004 e 2013), nonché le tre edizioni della Scienza nuova con Vincenzo Vitiello per Bompiani, 2012; il De antiquissima con le Edizioni di storia e letteratura, 2005, e altri classici moderni. Con Carocci ha pubblicato un’introduzione a Vico, 2016.