La fama di Ercole Ferrata (Pellio di Sotto, Como, 1610 - Roma, 1686) è da sempre collegata ad alcune grandi imprese della scultura seicentesca a Roma, al seguito di Gian Lorenzo Bernini e Alessandro Algardi. A testimoniare il legame forte e durevole del maestro con la natia Val d’Intelvi rimangono le otto sculture lignee oggi esposte al Museo d’Arte Sacra di Scaria Intelvi. Ad esse viene ora riunito il Crocifisso d’avorio, che si riteneva disperso, e che completa il lascito dello scultore al paese d’origine. Testimonianza di una eccezionale esperienza umana e artistica, il gruppo così ricomposto offre l’occasione di riprendere in esame la vicenda della dispersione dello studio di Ferrata, la sua organizzazione, il ruolo didattico che lo scultore attribuiva nella sua bottega a queste piccole sculture, e di comprendere meglio quale fosse il metodo operativo dell’artista – anche sulla scorta di una rilettura della letteratura sei-settecentesca su Ferrata, da Baldinucci a Pascoli a Bottari –, infine di misurare la lunga eredità di Ferrata nella scultura lombarda tra Sei e Settecento.
Alessandra Casati, dopo la laurea presso l’Università di Pavia e la specializzazione in Storia dell’arte presso l’Università di Parma, sta attualmente
frequentando il XXXIV ciclo del dottorato in Lettere Lingue e Arti presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Ha focalizzato i suoi interessi di ricerca su vari aspetti della cultura figurativa del Sei e Settecento; è autrice di diversi saggi sulla scultura in legno, terracotta e marmo in età barocca e sui rapporti tra Roma e la Lombardia. La sua più recente monografia è Caravaggio tra naturalismo e realismo. Un percorso nella critica attraverso le mostre 1922-1951, Mimesis, 2020.