Quello fra metafisica e immaginazione è uno strano connubio. L’immaginazione è legata al corpo e ai sensi: come può far conoscere ciò che è incorporeo e sottratto alla percezione sensibile? Eppure Vico nella Scienza nuova parla di una «metafisica fantasticata» dai giganti dopo il diluvio, intrisa di corporeità e immaginazione, contrapponendola alla metafisica astratta dei filosofi, colpevole ai suoi occhi proprio di aver smarrito il nesso con la fantasia e l’immaginazione. Unendo metafisica e immaginazione, Vico prende le distanze da un lessico filosofico che era anche il suo. Come giunge a questa posizione? Quali sono le sue condizioni di possibilità storico-filosofiche? Quali le implicazioni per una “scienza” della politica, della retorica, della storia? Questo volume prova a rispondere a tali domande. Lo fa a partire da quel Francisco Suárez che Vico lesse con
passione in gioventù, allargando poi l’indagine ad altri autori dell’età moderna: Locke e Spinoza, Galileo o Cartesio. Studiare il dibattito sul rapporto tra immaginazione, ragione e metafisica è anche una maniera di riflettere su cosa sia stata (o sia) la modernità filosofica e sul modo in cui Vico vi contribuì o vi appartenne.
Giovanni Paoletti è professore ordinario di Storia della filosofia presso l’Università di Pisa. Con ETS ha pubblicato Que faire de l’histoire? Philosophie et conscience historique au siècle des Lumières (Vrin-ETS, 2015, a cura di) e Pensare la Rivoluzione. Benjamin Constant e il gruppo di Coppet (2017).