Al di là del fenomeno sociale della migrazione e della raffigurazione canonica dell’esule, è la nozione di frontiera a essere approfondita, traducendosi – in questo caso – in confini della scrittura, ormai abbattuti da una cultura sempre più proiettata verso il superamento della chiusura identitaria e da una letteratura protesa verso l’abbandono dell’autoreferenzialità, consapevole della sua dimensione ormai transnazionale e dunque globale. Le relazioni qui raccolte dimostrano come, nella modernità letteraria, il dispatrio diventi il più delle volte quella condizione essenziale che consente allo scrittore di riconoscersi andando fuori di sé, nelle alterità in divenire, arricchendosi di esperienze nuove, immergendosi in altre lingue e contaminandosi con altri mondi attraverso una narrativa che entra nel campo di esperienze al confine tra mondo letterario, giornalismo, media e si fa carico di nuovi scenari multietnici e polimorfici.