Leggete Lo cunto de li cunti di Giovan Battista Basile e v’imbatterete in una lingua strabordante, ricca di giochi e d’invenzioni, che celebra la vita nella sua anomalia, nei suoi paradossi, nelle sue contraddizioni e nelle sue pieghe sorprendenti.
In questo libro non troverete un commento storico, letterario o psicologico all’opera del grande scrittore campano. Le cinque fiabe di cui si scrive – L’ignorante, La selva d’agli, I due fratelli, Il catenaccio e L’orsa – sono il pretesto per l’esplorazione e la lettura degli elementi linguistici essenziali al viaggio della vita, quando i pregiudizi, i timori, le fantasie intorno a sé e all’Altro si volgono in parodia e non sono più il fondamento del conformismo familiare o sociale.
Avvalendosi della beffa, dell’esagerazione e della stravaganza, la lingua di Basile offre la chance di sfatare, man mano che vanno enunciandosi, le certezze soggettive di chi si fa personaggio.
Fino all’approdo a una felicità che non deve più nulla al canone. Quando nella giornata s’instaura il gerundio – ovvero quando nessuno, vivendo, è più quello che pensava di essere né ha più quanto che pensava di avere –, quando il fratello non è più negato – ovvero l’invidia non la fa più da padrona –, quando il padre e la madre sono mito nella parola e non più ruoli sociali, quando la questione donna non si risolve nella parità di genere, allora della vita cogliamo il gusto: il gusto del destino inedito, non più assegnato dall’appartenenza alla genealogia familiare o sociale. E nessuno è più vittima, nemmeno vittima di se stesso.
Antonella Silvestrini vive e lavora a Pordenone. Si occupa di psicanalisi e cifrematica, tiene conferenze e corsi di formazione. È presidente dell’associazione “la cifra”, organizza dibattiti culturali ed eventi artistici. Ha pubblicato articoli e saggi nelle riviste e negli Atti dei congressi della casa editrice Spirali.