Il De signis è il primo, il più importante e completo testo di semiotica che l’antichità classica ci ha lasciato. Riproduce uno dei papiri meglio conservati (il PHerc 1065) tra quelli che sono stati recuperati dallo scavo borbonico tra il 1752 e il 1754 nella cosiddetta Villa dei Papiri o dei Pisoni, in cui era situata ad Ercolano, prima dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C., la scuola del filosofo epicureo Filodemo di Gadara, allievo dell’ottavo scolarca del Giardino, Zenone di Sidone.
In esso viene riportato dettagliatamente il dibattito tra gli Epicurei e un gruppo di avversari, normalmente identificati come Stoici, circa il metodo dell’inferenza semiotica. Tre sono le importanti novità che emergono da questo testo.
La prima consiste nel fatto che gli Epicurei sono stati i primi a proporre un vero e proprio “metodo” per costruire le inferenze da segni, basato sulla similarità tra un ente conosciuto e un’entità a cui l’inferenza deve permettere l’accesso; i loro avversari Stoici – e prima di loro Aristotele – avevano individuato, invece, soltanto un “test” in grado di valutare a posteriori la validità logica di una inferenza semiotica, ma non una procedura per costruirla.
La seconda consiste nella chiara affinità tra la metodologia inferenziale epicurea e quella dei medici, soprattutto appartenenti alla scuola degli Empirici.
La terza, messa in evidenza già dal primo editore del papiro, Theodor Gomperz nel 1865, ed in seguito più volte ribadita, è data dal fatto che l’inferenza semiotica epicurea può essere definita “induttiva”, con ciò anticipando di circa 16 secoli il metodo proposto da Galilei e Bacone.
Giovanni Manetti, attualmente professore Onorario, è stato Ordinario di Storia della Semiotica presso l’Università di Siena. È autore di numerosi saggi e volumi, tra cui: Valutazione comparativa (ἐπιλογισμός) e proprietà peculiari (ἰδιότητες) come base dell’inferenza nel De signis di Filodemo (2023); In principio era il segno. Aspetti di storia della semiotica nell’antichità classica (Bompiani, 2013); Teorie del segno nell’antichità classica (Bompiani, 1987; tr. ingl. Theories of the Sign in Classical Antiquity, Indiana University Press, 1992). Tra i volumi curati: Knowledge through Signs. Ancient Semiotic Theories and Practices (Brepols, 1996). È direttore (insieme a S. Gensini) di Blityri. Rivista di storia delle idee sui segni e le lingue (ETS).
Daniela Fausti, già docente di Lingua e letteratura greca, insegna attualmente Papirologia presso l’Università di Siena. Si è occupata di testi medici e botanici, dello studio dei meccanismi della prognosi e dell’inferenza per similarità. Tra i suoi saggi: Preparazione di farmaci e profumi: il vocabolario tecnico (Teofrasto, Dioscoride e papiri) (2022); Ricordare per prevedere, classificare per ricordare: due aspetti dell’uso della memoria nella medicina antica (2022); La σκέψις e il metodo inferenziale nella medicina antica (2019); La presenza del linguaggio medico nel De signis di Filodemo (2012); Il segno e la prognosi nel Corpus Hippocraticum (Prognostico e Prorretico I e II) (2008).